Potenziale apertura da parte della maggioranza di governo verso la settimana corta proposta dalla CGIL, ecco di che cosa si tratta
In Gran Bretagna, alcune aziende stanno sperimentando la riduzione a 4 dei giorni lavorativi della settimana, pur a parità di salario. I risultati appaiono promettenti, con lavoratori soddisfatti e incremento della produttività, e incoraggiano a continuare su questa strada. Un tema questo di cui si sta parlando anche in Italia.
Proprio nelle settimane scorse il segretario generale della CGIL Maurizio Landini ha lanciato la proposta di attuare questa diminuzione dei tempi di lavoro anche in Italia. A suo giudizio, la settimana corta, in virtù degli aumenti di produttività e profitti generati dalla tecnologia, consente una ridistribuzione della ricchezza e una riduzione degli orari di lavoro. Ma che ne pensa il governo?
La proposta di Landini non ha lasciato indefferente il governo, almeno per bocca del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Questi ha espresso la sua volontà di riflettere sulla questione a partire dalla realtà. L’obiettivo può essere l’incremento della produttività e dell’occupazione. Secondo il ministro la riflessione va fatta a partire dalle condizioni economiche del Paese.
Per Urso l’occupazione troppo bassa al Sud e concentrata nelle regioni del Nord d’Italia, oltre alle carenze nel mondo del lavoro femminile, sono degli ostacoli. Il rischio è una nuova forte emigrazione interna verso le regioni e le aziende produttive del Nord che potrebbero essere più sensibili e preparate a una riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio.
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Il ministro ha tuttavia sostenuto che il governo è disposto ad affrontare la questione senza pregiudizi, coinvolgendo nella discussione e nei processi decisionali tanto sindacati quanto imprese. Il dibattito deve coinvolgere, a suo parere, il complessivo sistema Italia, con la convergenza su temi di interessi comuni anche di imprese e sindacati. Si tratta quindi, se non dell’apertura alla proposta, della disponibilità al confronto.
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Il tema resta acceso e di stretta attualità, considerando soprattutto le difficoltà occupazionali del Paese con salari e stipendi bassi, estrema frammentazione contrattuale e precarietà delle carriere professionali che coinvolgono tutte le generazioni del mondo del lavoro, non sono solo quelle più giovani. La settimana corta potrebbe essere una risposta, con una produttività sempre più sganciata dai tempi di lavoro, ma connessa alla sua qualità.
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