Sono in continuo aumento le dimissioni da parte dei lavoratori in tutto il mondo, andiamo a vedere quali sono i motivi
Non c’è tanta tranquillità per quanto riguarda il mondo del lavoro e per gli impiegati in qualsiasi ambito. Dopo la pandemia, infatti c’è stato un calo, che era prevedibile, causa le morti, lo smart working e le chiusure di agenzie e compagnie che non potevano più garantire ai lavoratori quegli stipendi necessari.
Probabilmente la causa, sarà anche il reddito di cittadinanza, il bonus di sostegno, che ha causato la mancanza di assunzione di personale in vari ambiti. Perché chi lo ottiene preferisce avere il versamento mensile, invece di andare a lavorare. Ma il Governo come sappiamo proprio per stimolare a riprendere il lavoro, abolirà il RdC nel 2024.
La grande esplosione del numero di dimissioni è partita dal più importante paese del mondo, ovvero gli Usa, che hanno registrato milioni di persone che hanno rassegnato i loro allontanamenti lavorativi. È il periodo della “Great resignation” , ossia una vera e propria fuga, dai loro iniziali lavori, alla ricerca di altri.
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Uno studio, invece per quanto riguarda l’Italia, ha evidenziato che circa 1,6 milioni di lavoratori hanno presentato le loro dimissioni. Come mai, c’è questo continuo aumento di lasciare il proprio impiego? Le cause che portano a questa drastica decisione sono le più svariate: dal bornout, alla ricerca di un posto che preservi il benessere, al desiderio di poter avere la possibilità di gestire le giornate di lavoro difendendo il work-life balance.
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Rispetto al 2021, c’è un vorticoso aumento, di circa il 47%. Invece per quanto riguarda i licenziamenti, si è registrato un aumento di nel terzo trimestre del 2022 di quasi 181mila, con una crescita del 10,6% (pari a +17 mila) rispetto al terzo trimestre del 2021.
Gli uomini sono coloro che lasciano di più il proprio lavoro, ma anche le donne cominciano a seguire questo comportamento, per avere una garanzia di un reddito migliore ed un futuro più roseo.
Secondo Giulio Romani della Cisl è importante “rivedere i modelli organizzativi verso una maggiore qualità”, visto che le imprese in cui si sviluppa benessere lavorativo e qualità del lavoro sono una minoranza e sono quelle dai 10 ai 250 dipendenti. Ma la platea delle imprese italiane, è però occupata per circa il 95% da microimprese, quelle con la minore produttività.”
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