Buoni pasto: chi ne usufruisce in smart working? I dettagli forniti dall’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale).
La modalità di lavoro in smart working è ormai una nuova frontiera. Condizione necessaria da adottare durante l’inizio della pandemia e del relativo lockdown di marzo 2020. Cosa si intende con questo termine?
Una nuova realtà presa che è stata adottata non solo dalle aziende, ma anche dalla Pubblica Amministrazione. Volendo tradurre letteralmente, significa lavoro intelligente. In poche parole consiste nell’eseguire la propria attività da casa.
Con la pandemia è stato possibile lavorare (più o meno) solo in questo modo. Grandi aziende hanno deciso di continuare a mantenere questa opportunità. Per quel che riguarda i buoni pasto, invece? Chi potrà usufruirne?
Come si accennava in precedenza, non tutti coloro che lavorano in smart working hanno diritto ai buoni pasto. In tal proposito è intervenuta l’Aran che ha provveduto a fare una importante distinzione tra chi lavora da remoto e chi svolge il lavoro agile. Facciamo chiarezza su quanto appena detto.
La decisione di concedere o meno la possibilità di usufruire dei ticket restaurant è a discrezione di ogni amministrazione. I famigerati buoni pasto, dunque, possono essere riconosciuti solo a chi lavora da remoto. Qual è la differenza tra le due tipologie di lavoro? Spieghiamolo brevemente.
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Con il termine lavoro agile vogliamo intendere una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato senza dei vincoli riguardano l’orario e il luogo in cui viene svolto, mentre il lavoro da remoto prevede il vincolo del luogo e del tempo. Ragion per cui l’Aran rende noto che per i lavoratori agili non ci saranno buoni pasto.
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La possibilità di ricevere ticket restaurant ha messo a dura prova i lavoratori che hanno deciso di rifiutare il lavoro agile proprio per non perdere questa opportunità. Parlando con i dati alla mano, in Italia ci sono oltre 2 milioni di persone che ne fanno uso quotidianamente.
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