Questa volta il rialzo dello stipendio, sarà strettamente collegato con le nuove misure previdenziali iscritte nella Legge Bilancio 2023. Chi può chiederlo
La Legge Bilancio 2023 è diventata una realtà. Il primo documento che – a parte tante chiacchiere – mostra le vere intenzioni del Governo Meloni, anche se al livello strategico è dovuto tornare un po’ sui propri passi per adeguarsi alle richieste dell’Unione Europea. Come il limite sui pagamenti con il Pos presso gli esercizi commerciali. Mentre per quanto riguarda stipendi e fisco ci sono state delle novità, ma non troppo dissimili a quelle già intervenute in passato. L’Italia è uno dei Paesi in cui il Fisco grava maggiormente sullo stipendio dei lavoratori, specie in termini contributivi. Le novità infatti riguardano anche il tema pensioni.
Quest’anno verrà sperimentata la Quota 103, la possibilità di andare in pensione a 62 anni con 41 di contributi. Negli scorsi anni i predecessori sono stati Quota 102 e Quota 100.
La pensione anticipata ha il vantaggio per la società di portare un ricambio generazionale dei posti di lavoro, dato che i giovani, anche con professionalità curriculari alte, hanno difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro in maniera stabile. Tuttavia, come sempre, c’è il rovescio della medaglia. I conti pubblici, che continuano a contare pensionati, anche alla luce del fatto che la società è sempre più anziana. Di conseguenza la pensione anticipata, dunque prima dei 67 anni della Legge Fornero, è stata stabilita, ma con contribuzione molto più alta, 41 anni. Che in una probabile riforma previdenziale del 2024 sarà la formula per andare in pensione a qualunque età. Come incide tutto ciò sullo stipendio degli italiani?
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Innanzitutto è prevista la riduzione del cuneo fiscale, che se da una parte fa salire gli stipendi, dall’altra però significa meno contributi messi da parte per la pensione. Ed inoltre una misura valida dal 2023 che emula il bonus Maroni del passato. Chi ha raggiunto i contributi necessari per andare in pensione con Quota 103, può chiedere al datore di lavoro che i contributi previsti nella busta paga vengano trasformati in stipendi. Ciò significa perdita dei contributi da accumulare, ma stipendio più alto. Insomma, “meglio un uovo oggi che una gallina domani”.
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Quindi chi ha raggiunto i requisiti per la Quota 103, può scegliere 3 strade: andare in pensione, rimanere sul posto di lavoro senza alcuna richiesta, dunque continuando ad accumulare contributi, o chiedere il bonus stipendio rinunciando ai contributi. In questo ultimo caso si tratta di stipendi più alti del 9,19%.
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