In corso l’acceso dibattito sulle richieste di autonomia differenziata e gli effetti della proposta di legge del Ministro Calderoli
Ha ripreso vigore in questi giorni il dibattito politico sulla questione dell’autonomia differenziata, riacceso dal disegno di legge del Ministro Calderoli e dagli accordi del governo di centrodestra con i presidenti di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Si va verso dei cambiamenti profondi della struttura amministrativa italiana.
Al momento i settori posti in discussione dalle Regioni sono scuola, sanità, ambiente e politiche del lavoro. In questo quadro si inserisce il DDL Calderoli che si basa sullo spostamento di ulteriori competenze legislative e amministrative e delle risorse relative alle regioni. Trasferimento che avverrà, nel progetto del politico leghista, dopo la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale, livelli tutti da definire enon presenti nel DDL.
Gli effetti della riforma Caldseroli potrebbero essere molto forti per la scuola con il rischio concreto di una riduzione delle risorse statali verso le regioni meno produttive. Infatti ogni regione dovrà creare fondi sulla base di entrate locali per le spese scolastische che solo parzialmente si integreranno con i fondi statali.
Insomma si va incontro a una regionalizzazione del sistema scolastico, con forti differenze tra regioni, con evidenti svantaggi per quelle più povere per la mancata redistribuzione a livello nazionale delle risorse fiscali. Verrebbe messa in discussione l’omogeneità dell’offerta formativa e la parità di trattamento tra gli studenti che usufruiscono dei servizi scolastici in Italia.
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Inoltre si creerebbero delle profonde differenziazioni di trattamento salariale tra i dipendenti scolastici con reclutamento e retribuzione su base territoriale. Le richieste del Veneto, poi, potrebbero interessare non solo l’organizzazione e la gestione territoriale dell’istruzione, ma l’individuazione, completamente autonoma, dei contenuti didattici e formativi e la loro applicazione sul campo.
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Si tratterebbe della fine della scuola unitaria per dar vita a un’istruzione territoriale. Tra le richieste venete la gestione diretta del personale scolastico, dei fondi per il diritto allo studio e dei contributi agli istituti paritari, dell’amministrazione e della legislazione riguardante la programmazione dell’offerta formativa scolastica, eccetera. Si darebbe il via, in altre parole, a un processo separatista nell’istruzione scolastica nazionale con programmi, reclutamento e finanziamento diversi da regione a regione.
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